Rientro dalle vacanze: fine dello smart working?

Rientro dalle vacanze: fine dello smart working?

Il 58% delle aziende italiane ha difficoltà ad assumere o trattenere dipendenti, secondo un’indagine condotta dall’Associazione Italiana per la Direzione del Personale. Il motivo sarebbe che lo smart working non è garantito. Attenzione, il problema non è solo italiano ma si estende fino all’avanzatissima Silicon Valley, dove giganti del tech come Apple, Microsoft, Amazon e Alphabet – la società capo di Google – impongono ai propri dipendenti di essere presenti in ufficio almeno due o tre giorni a settimana. E, poi, c’è il caso Tesla: l’azienda di Elon Musk obbliga i dipendenti a recarsi in ufficio per 40 ore a settimana o più, pena il licenziamento. 

Smart working: che cosa succede dal 1° settembre 

In Italia dal 1° settembre si torna a quanto previsto dalla legge 81 del 2017: vale a dire che servirà un accordo individuale tra datore e dipendente per disciplinare lo smart working. Il datore di lavoro non potrà quindi più ricorrere a questo strumento in modo unilaterale, come accaduto durante il lockdown. Tuttavia, con il Decreto Semplificazioni n. 73/2022, è stata prorogata la previsione straordinaria che consente agli uffici del personale di non inviare gli accordi individuali.  

La nuova regola introduce dei moduli da inviare al Ministero del Lavoro dove vengono richiesti solamente i dati del dipendente: generalità, codice fiscale e periodo di smart working. Non sarà più necessario trasmettere l’accordo individuale, ma il datore di lavoro è obbligato a conservarlo per almeno 5 anni e, in caso di mancata di comunicazione secondo le modalità previste, sarà applicata una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato. A questo link è possibile scaricare i moduli e accedere alla piattaforma del Ministero per la procedura semplificata: https://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/smart-working/Pagine/default.aspx

Chi vuole lo smart working 

È chiaro che lo smart working non è adatto a tutte le categorie di lavoratori e impone un ripensamento del modello di gestione del personale. La richiesta di attivazione arriva soprattutto da professionisti e giovani laureati compresi tra i 18 e i 35 anni, in particolare del Mezzogiorno. Infatti, secondo la ricerca “South working per lo sviluppo responsabile e sostenibile del Paese”, di Randstad e Fondazione per la Sussidiarietà (FPS), presentata al Meeting di Rimini, le aziende italiane si stanno interessando alla progettazione di hub di lavoro al Sud. Si tratterebbe di spazi destinati al co-working come all’incontro tra professionisti, sul modello di quanto già creato in altre zone del mondo di cui abbiamo parlato in un precedente post (https://www.ozoneiq.com/blog/nomadi-digitali-in-cerca-di-meta-basta-la-vista-mare.html). 

Il “south working”, secondo Randstad, può rappresentare un’opportunità di rilancio per Sud Italia e le aziende interessate sono decisamente diverse: il 77% delle compagnie intervistate lo ha già adottato e il 46% è disponibile a progetti di lavoro ibrido. Al di là degli hub, un simile approccio richiede anche la creazione di infrastrutture ed ecco perché questo tema sta entrando progressivamente anche nel dibattito elettorale. 

Smart Workers Union raccoglie sul suo sito la lista delle proposte dei diversi partiti politici. Al momento le proposte riguardano soprattutto la digitalizzazione e arrivano da Fratelli d’Italia, Lega e Possibile. Quest’ultimo, però, insieme ad Alleanza Verdi Sinistra si occupano nello specifico anche di smart working. Si va dalla richiesta dell’equiparazione del trattamento, del resto già prevista nella Legge 81/2017, al diritto alla disconnessione, fino all’estensione di questa possibilità per “tutti i lavoratori e lavoratrici la cui presenza non è richiesta fisicamente”. 

Su questo blog abbiamo seguito regolarmente l’evoluzione della legislazione sullo smart working, nonché delle nuove tecnologie che lo riguardano e continueremo a farlo. Siamo, infatti, un’azienda che lavora prevalentemente attraverso questa modalità e oZone iQ è, tra l’altro, un software di project management che permette la gestione del team anche quando i membri non si trovano nello stesso edificio. 

 

Photo by myHQ Workspaces on Unsplash

Pubblicato il 30/08/2022 alle ore 15:30

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